CONSENSUS VALVE IN VALVE - Room Yellow 2, ore 15:40

Tanti si chiederanno (compreso il sottoscritto): “Quando incontrerò tra i miei pazienti e nella mia sala una problematica del genere? E’ fanta-emodinamica! L’angioplastica primaria è il mio pane quotidiano!”. Quindi perché spendere un’ora di GISE, proprio il primo giorno, stanchi per il viaggio, per questa sessione? Le mie personali risposte sono: in primo luogo, i pazienti con protesi chirurgica degenerata, benché non frequentissimi, si incontrano nella pratica clinica quotidiana: dobbiamo dar loro delle risposte e prospettare delle possibilità: che figura faremmo se il paziente ha letto su internet dell’impianto “valve in valve” ed è lui che suggerisce a noi la soluzione? L’evento è, inoltre, strutturato in maniera circolare: un relatore presenta un caso clinico su bioprotesi chirurgica degenerata (un caso in sede aortica e uno in sede mitralica), un cardiologo interventista e un cardiochirurgo esperti dicono la loro, proponendo la strategia (percutanea/chirurgica/ibrida), infine si chiude il cerchio ritornando al relatore iniziale, che espone l’esito del caso. In sintesi: tanta pratica, giusta dose di teoria, possibilità di interazione e arricchimento con esperti nel settore.

L’impianto transcatetere di bioprotesi (Valve in Valve implantation, ViV) è diventata l’opzione terapeutica di prima scelta in caso di degenerazione di protesi aortica biologica in pazienti ad alto rischio per chirurgia re-do. La pianificazione rigorosa della procedura è cruciale per ridurre il rischio di posizionamento errato e ostruzione degli osti coronarici. La maggior parte dei pazienti candidati a ViV possono essere trattati sia con dispositivi balloon-expandable che autoespandibili ma, benché a volte la scelta sia obbligata per caratteristiche anatomiche, le valvole autoespandibili hanno dimostrato profilo emodinamico migliore rispetto alle balloon-expandable. Sono stati recentemente presentati dati (London Valve 2018, VIVA Study) che dimostrano efficacia e sicurezza dei dispositivi autoespandibili impiantati in bioprotesi con diametro interno piccolo (≤ 21 mm), in cui il rischio di mismatch protesi/paziente è maggiore. Punti “scottanti” ancora aperti, che certamente animeranno la discussione, sono: scelta delle dimensioni del dispositivo, ruolo della valvuloplastica pre-impianto, frattura intenzionale della protesi chirurgica mediante gonfiaggio di pallone ad alta pressione, protezione coronarica con filo guida.

Territorio ancora molto da esplorare è l’impianto di bioprotesi all’interno di protesi chirurgica mitralica degenerata. Dati estrapolati dal registro internazionale VIVID mostrano che la procedura è tecnicamente fattibile, ma le zone d’ombra in termini di efficacia e sicurezza sono numerose. Complicanza potenzialmente letale è l’ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo sinistro da parte della valvola rilasciata all’interno della protesi chirurgica degenerata. Da segnalare un fenomeno peculiare dell’impianto ViV in sede mitralica: il malposizionamento tardivo, che si manifesta settimane dopo un impianto in posizione corretta, verosimilmente correlato a un insufficiente oversizing nella scelta del dispositivo da impiantare.  

A questo punto, continuare a scrivere è superfluo. Diamoci il benvenuto al Congresso in questa entusiasmante sessione!

Leonardo Misuraca