The dilemma in Managing Stable Coronary Syndromes - Room Yellow, ore 14.30

Se cercate risposte relative alla gestione corretta nella scelta tra test provocativi ed approccio invasivo nella valutazione della malattia coronarica stabile (CAD), non dovete perdere la seguente sessione, che tratterà argomenti ancora caldi. I test funzionali per valutare l'ischemia miocardica rivestono ancora un ruolo fondamentale nell’approccio dei pazienti con CAD sospetta o nota. La documentazione dell'ischemia mediante i test funzionali andrebbe sempre effettuata prima della procedura invasiva elettiva.

Esiste ancora oggi un ruolo per i tradizionali test provocativi quali la SPECT o l’ecostress? O la TC coronarica combinata alla valutazione funzionale diventerà il gold standard tra gli esami non invasivi per valutare anatomicamente e funzionalmente la CAD?

La TC coronarica con tecnica Heartflow è in grado di derivare l’FFR da un set di dati TC applicando la fluidodinamica computazionale senza la necessità di modificare il protocollo di imaging. Diversi studi hanno dimostrato come la correlazione tra FFR derivata dalla TC e l’FFR invasiva sia alta. Inoltre, la TC coronarica, dopo i risultati del recente “Scottish Computed Tomography of the Heart” (SCOT-HEART) trial presentati all’ESC 2018, potrà essere una valida concorrente alla tradizionale angiografia coronarica.

Un altro tema importante ed in continua evoluzione, che verrà enfatizzato in questa sessione, riguarda quello dei test invasivi per la ricerca dell’ischemia miocardica. Nel caso di lesioni angiograficamente intermedie ed in assenza di test provocativi eseguiti prima della coronarografia, l’utilizzo di metodiche complementari funzionali invasive dovrebbe rappresentare il gold standard per guidare la rivascolarizzazione miocardica, come enunciato dalle più recenti linee guida Europee.

Accanto alla oramai consolidata FFR, recenti studi randomizzati hanno dimostrato come l’iFR non sia inferiore all’FFR nella valutazione di stenosi coronariche intermedie in termini di eventi avversi cardiovascolari maggiori a un anno. Inoltre, gli outcomes clinici in pazienti in cui la rivascolarizzazione percutanea è stata differita sulla base di valori non patologici di iFR ed FFR sono risultati simili con un incidenza di MACE ad un anno del 4 %, senza differenze tra le due metodiche. Recentemente un nuovo indice non iperemico quale il Resting Full-cycle Ratio (RFR), basato sull'identificazione dei più bassi valori di pressione coronarica distale in rapporto alla pressione aortica (Pd / Pa) valutati durante tutto il ciclo cardiaco, ha dimostrato un’ottima correlazione con l’iFR.

L’ultimo tema che verrà trattato durante questa “hot session” è relativo al follow-up dei pazienti rivascolarizzati. Come gestire al meglio i nostri pazienti efficacemente sottoposti ad una rivascolarizzazione appropriata? Vi è ancora spazio per test provocativi e per controlli “angio planned” nei pazienti ad alto rischio, eseguiti indipendentemente dalla presenza dei sintomi? E’ corretto seguire protocolli già codificati come quello del Follow-up post-PCI adottato in larga scala da molte cardiologie interventistiche per distribuire ed allocare al meglio le nostre risorse oramai limitate?

Lasciamoci guidare da questo incontro per creare un follow-up efficace e di alta qualità per i nostri pazienti.

Chiara Bernelli