di Alessio Mattesini, Giulia Nardi
L’angioplastica coronarica ha ormai compiuto quarant’anni ma si dimostra ancora una tecnica in continua evoluzione, con un crescente campo di applicazione. Se prima era riservata solo al 10 % di pazienti con CAD sintomatica e malattia monovasale con interessamento quasi esclusivo di una lesione prossimale, adesso trova il suo impiego su larga scala, sia nelle sindromi coronariche acute che croniche.
Il continuo sviluppo di nuovi devices contribuisce al perfezionamento di questa tecnica: con la litotrissia intravascolare il trattamento delle lesioni coronariche calcifiche, che ha da sempre costituito una sfida per il cardiologo interventista e che poteva anche rappresentare una indicazione all’esecuzione di bypass aorto-coronarico aggiungendo almeno 2 punti al Syntax score, può adesso non essere considerata più un’impresa così ardua. Questa tecnica si basa sul tradizionale e ormai noto concetto di litotrissia utilizzata per il trattamento dei calcoli renali con cui condivide il principio di funzionamento: attraverso l’emissione intra-vascolare di onde acustiche (ultrasuoni) è in grado di modificare la lesione calcifica. Gli impulsi vengono erogati dal generatore attraverso due emettitori situato uno prossimalmente e uno più distale, che convertono l’energia elettrica in energia meccanica. Il palloncino viene prima gonfiato fino a 4 atm, le onde d’urto sono quindi rilasciate in maniera diffusa e circonferenziale, distribuendosi così uniformemente su tutta la placca calcifica, con una frequenza di un pulse per secondo per un totale di 80 pulses per catetere, permettendo così la perfusione del vaso a valle della placca anche durante il gonfiaggio del palloncino. Infine, il palloncino viene gonfiato fino a 6 atm una volta terminata l’erogazione. La grande innovazione sta, inoltre, nella sua specificità per il calcio e nel risparmio dei tessuti molli dell’endotelio vasale: da qui la descrizione “hard on hard, soft on soft” rende perfettamente l’idea della sicurezza di questa tecnica, che la distingue dai convenzionali devices basati sul principio dell’aterectomia e impiegati nel trattamento delle lesioni coronariche calcifiche, come il rotablator e orbital associati ad un alto tasso di perforazioni coronariche, embolizzazione distale oltre che di fallimento della lesione target a lungo termine. In letteratura, studi clinici come il DISRUPT CAD I e II, quest’ultimo appena concluso, hanno dimostrato la sicurezza oltre che l’efficacia della litotrissia intravascolare nella preparazione della lesione al fine di ottenere una adeguata ottimizzazione dello stent.
I risultati del DISRUPT CAD I, studio multicentrico pre-marketing che ha arruolato 60 pazienti in 7 nazioni sono stati sorprendenti, mostrando il 98.3% di successo della procedura, con un 5% di MACE a 30 giorni (3 infarti non-Q), 3% di dissezioni, 0 embolizzazioni distali e 0 perforazioni coronariche, trombosi o slow /no flow in tutti i pazienti studiati. (1)
Il DISTRUPT CAD II, studio post-marketing multicentrico, appena concluso, ha confermato quanto dimostrato dal precedente trial: acute gain di 0.8 ± 0.5mm e stenosi residua < 50% raggiunta in tutti i pazienti con assenza di MACE intra ospedalieri nel 94.2% dei pazienti (nel 5.8% dei casi si è verificato un infarto non-q in paziente asintomatico e senza sequele cliniche). (2)
La litotrissia intravascolare ha ottenuto il marchio CE nel maggio del 2017 per l’utilizzo in ambito coronarico. Successo ed efficacia si sono dimostrati anche nell’utilizzo di questa tecnica nel periferico, sia nelle procedure di rivascolarizzazione nei pazienti arteriopatici poli distrettuali, sia nella preparazione degli accessi femorali in pazienti candidati a sostituzione percutanea della valvola aortica che in pazienti emodinamicamente compromessi che necessitavano l’impianto percutaneo di dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (Impella CP).
La nostra esperienza personale conferma il successo procedurale e la sicurezza della litotrissia intravascolare, dimostrando una preparazione efficace della lesione indipendentemente dall’estensione della calcificazione e della eccentricità e concentricità della lesione. A nostro avviso la tecnica diventerà verosimilmente la prima scelta in caso di lesioni marcatamente calcifiche in tutti quei casi in cui non sia necessario l’utilizzo di rotablator per la presenza di stenosi uncrossable. (3)
Bibliografia
1 - Ali, Z.A., Brinton TJ, Hill JM, Maehara A, Matsumura M, Karimi Galougahi K, Illindala U, Götberg M, Whitbourn R, Van Mieghem N, Meredith IT, Di Mario C, Fajadet J, Optical Coherence Tomography Characterization of Coronary Lithoplasty for Treatment of Calcified Lesions: First Description. JACC Cardiovasc Imaging,2017.10(8)
2 - Shockwave Coronary Lithoplasty® Study (Disrupt CAD II) NCT03328949
3 - Sorini Dini C., Nardi G., Mattesini A., Ristalli F., Hamiti B., Di Mario C., The contemporary approach to heavily calcified coronary lesions. Interventional Cardiology Review. 2019. Accepted.
News Nursing
Metodologia e tecnica nel trattamento delle lesioni calcifiche con litotrissia intravascolare (IVL)
di Francesco Germinal, Grazia Di Nunzio, Carlo Ponzo, Francesco Schifa (Ospedale “Vito Fazzi”, Lecce) e Francesca Simonelli (Università “La Sapienza”, Roma)
Nell’ambito delle stenosi calcifiche più complesse, l’IVL rappresenta un approccio innovativo che si affianca o è eseguito in alternativa a metodiche più tradizionali, quali palloni non complianti, cutting/scoring e aterectomia rotazionale. Il sistema è composto da un generatore di impulsi elettrici, un cavo di connessione e un catetere a palloncino. Dopo aver preparato il pallone con la consueta diluizione di salina e contrasto ed aver avanzato lo stesso su guida 0,014’’ a livello della stenosi da trattare, lo si gonfia a basse atmosfere (4 atm). Il generatore invia quindi energia elettrica agli emettitori presenti nel pallone. Tale energia elettrica viene dunque tramutata in onde d’urto (onde di pressione soniche), che penetrano la placca bersaglio, creando micro-fratture, senza però danneggiare il vaso. Al ciclo successivo il pallone viene gonfiato fino a 6 atm, il che comprime il calcio fratturato. 10 atm è la Rated Burst Pressure (RBP). Il ciclo viene ripetuto, se necessario, fino al raggiungimento dell’espansione desiderata e comunque non oltre otto cicli. Il secondo operatore che utilizza la metodica IVL deve affiancare pertanto alle usuali competenze dell’angioplastica, skills più accurate in termini di conoscenza del materiale (compatibilità 6/7 Fr a seconda di IVL coronarico/periferico, lunghezza e diametro dei cateteri periferici e dei cateteri coronarici) e protocollo di utilizzo (atm di gonfiaggio del pallone e numero di cicli possibili).