La sessione è iniziata con l’intervento di Alessandro Beneduce, il quale ha evidenziato come fino al 70% dei pazienti con angina e dimostrazione di ischemia inducibile non abbia coronaropatia ostruttiva all’angiografia. Tale fenomeno, che affligge soprattutto pazienti di sesso femminile, sembra essere determinato da due principali cause: lo spasmo coronarico e la disfunzione microvascolare. Il primo step nell’algoritmo diagnostico deve sempre essere rappresentato dalla corretta interpretazione e caratterizzazione della sintomatologia riportata dai pazienti, per identificare quei casi meritevoli di ulteriori approfondimenti.
Domenico D’Amario ha quindi illustrato i principali strumenti diagnostici non invasivi a nostra disposizione per dimostrare e quantificare una eventuale ischemia inducibile in questi pazienti: ecocardiogramma da stress con valutazione della riserva coronarica (CFR), PET/SPECT, TAC con mezzo di contrasto e risonanza magnetica cardiaca con gadolinio.
Come successivamente approfondito da Giampaolo Niccoli, un work-up diagnostico completo non può però prescindere da una valutazione invasiva. In particolare, il test provocativo con acetilcolina o ergonovina può identificare i pazienti affetti da angina vasospastica. Lo spasmo coronarico può essere evidenziato a livello dei vasi epicardici oppure può coinvolgere il microcircolo (in quest’ultimo caso compariranno sintomatologia anginosa o alterazioni ECG dopo somministrazione del farmaco in assenza di spasmo coronarico visibile all’angiografia). La disfunzione microvascolare potrà invece essere identificata mediante misurazione della riserva coronarica, associata a valutazione delle resistenze coronariche mediante IMR (index of microvascular resistance) o HMR (hyperaemic myocardial velocity resistance index).
La sessione è proseguita con l’intervento di Roberto Scarsini, che ha analizzato le metodiche invasive per la valutazione dei decorsi intramiocardici. Le stenosi coronariche dinamiche di questi pazienti devono essere valutate in condizioni di riposo e dopo challenge inotropo (ad esempio con dobutamina). La fractional flow reserve (FFR) sembra essere una metodica subottimale per tale analisi, in quanto, essendo un indice sisto-diastolico, può essere influenzata dal fenomeno dell’overshooting (le pressioni distali al decorso risultano più elevate rispetto alle pressioni prossimali per l’effetto del milking durante la sistole). Gli indici diastolici (diastolic FFR o iFR) sembrano quindi essere metodiche più affidabili per dimostrare una ischemia in questi pazienti.
La dott.ssa Giancarla Scalone ha concluso la sessione evidenziando come una terapia mirata (tailored) sia necessaria al fine di migliorare prognosi e qualità di vita dei pazienti affetti da angina vasospastica o microvascolare. Gli interventi terapeutici devono prevedere la modifica dello stile di vita (ad esempio, evitare il fumo e praticare esercizio fisico), una corretta identificazione e correzione dei fattori di rischio (ipertensione, dislipidemia, diabete) e l’utilizzo di farmaci antianginosi, preferendo i calcio antagonisti nei pazienti con angina vasospastica.