Fabrizio Ugo ha aperto la sessione con due casi clinici, riservando la soluzione al termine dell’incontro. Il primo caso riguardava un paziente ad elevato rischio trombotico ed emorragico, con lesione calcifica intrastent paraostiale e stenosi calcifica focale incrossabile di IVA media. Il secondo caso era invece rappresentato da un paziente con cardiopatia dilatativa di nuovo riscontro, con evidenza angiografica di una lesione lunga severamente calcifica di IVA, con calcio profondo e spesso visualizzato all’OCT.
I successivi speaker hanno analizzato pro e contro dei diversi approcci alle lesioni coronariche calcifiche. Luca Testa ha mostrato il funzionamento del sistema di litotrissia Shockwave, il quale determina dei crack nel calcio mediante l’utilizzo di onde d’urto. Questa metodica viene prevalentemente utilizzata in caso di subottimale espansione dei palloni a livello di lesioni calcifiche o subottimale espansione dello stent, e garantisce buoni risultati sia nel trattamento di lesioni concentriche sia eccentriche. Limiti di questo sistema sono rappresentati dalla necessità di crossare le lesioni, e dalla difficoltà di utilizzo in specifici setting (ad es. in caso di lesioni del TC o in presenza di noduli calcifici).
Gianluca Massaro ha confrontato i sistemi di aterectomia rotazionale ed orbitale, sottolineando come nei vasi tortuosi l’aterectomia orbitale sia efficace ma potenzialmente foriera di complicanze. Questa metodica è invece raccomandata per lesioni calcifiche ostiali, a patto di mantenere una coassialitá della guida rispetto al vaso. L’aterectomia rotazionale invece non riesce a raggiungere il calcio profondo, per cui il suo utilizzo principale è nelle lesioni incrossabili. I vantaggi del laser sono stati evidenziati da Massimo Napodano, una metodica che può essere impiegata laddove gli altri device a nostra disposizione falliscano, in particolare nel caso di lesioni calcifiche lunghe, incrossabili, con calcio profondo.
La sessione si è conclusa con la soluzione ai due casi inizialmente presentati da Fabrizio Ugo: il primo paziente con lesione focale, calcifica, molto stretta di IVA media è stato trattato con aterectomia rotazionale, utilizzando un extension catheter al fine di proteggere lo stent al tratto prossimale. Per lo stent sottoespanso è stato invece utilizzato lo Shockwave. Nel secondo caso la lesione sull’IVA era invece una lesione lunga, con diametro luminale minimo > 2 mm: per questo motivo la scelta è ricaduta sull’aterectomia orbitale.
La successiva discussione si è focalizzata sull’utilizzo dell’imaging coronarico nella valutazione delle lesioni calcifiche: in tale setting l’OCT, al contrario dell’IVUS, è in grado di visualizzare il calcio e determinarne lo spessore, e sembra quindi la metodica da preferire in questo contesto.