Apripista la relazione di Annunziata Nusca, che ha introdotto l’argomento mostrando le evidenze scientifiche a riguardo, sottolineando l’importanza della condizione clinica e delle comorbidità del paziente trivasale (specie se diabetico). Queste ultime, associate alla valutazione anatomica della coronaropatia mediante Syntax score, consentono una migliore stratificazione del paziente che influisce sul processo decisionale tra rivascolarizzazione chirurgica o percutanea. Nusca sottolinea infine l’importanza della terapia medica di prevenzione secondaria dopo l’intervento di rivascolarizzazione percutanea per ottenere outcome migliori a lungo termine.
La sessione procede quindi con le evidenze scientifiche esposte da Carlo Briguori riguardo l’importanza di ottenere una rivascolarizzazione completa al fine di ottimizzare i risultati degli endpoint clinici a lungo termine. Viene pertanto evidenziato il valore del Residual Syntax score come predittore di eventi avversi, che spesso rimane più alto dopo rivascolarizzazione percutanea a causa della frequente presenza di occlusioni croniche non rivascolarizzate.
Segue la relazione di Antonio Maria Leone sul valore della fisiologia per guidare la rivascolarizzazione miocardica. Dopo la discussione dei vari trial FAME 1-2 si giunge alla conclusione che la fisiologia coronarica è utile nel riclassificare spesso al ribasso il Syntax score anatomico, ottimizzando così il risultato della PCI e riducendo la complessità dell’intervento. I dati del recente FAME 3 documentano invece una inferiorità della PCI guidata dalla fisiologia rispetto a CABG soprattutto per quanto riguarda i pazienti con Syntax Score > 22.
Il dibattito prosegue con la comunicazione di Daniele Giacoppo sul paziente trivasale rifiutato dal cardiochirurgo. Questi difatti risultano essere proprio i pazienti più complessi a causa delle plurime comorbidità, dell’alto rischio emorragico che richiede l’impiego di dispositivi dedicati e terapie di short DAPT, dell’insufficienza renale e del rischio di IRA da mezzo di contrasto. Aspettativa e qualità di vita del paziente risultano quindi dirimenti per un’accurata valutazione del rischio/beneficio, allo scopo di evitare interventi futili.
La sessione si conclude con un caso clinico CHIP di Giuseppe Andò che ha mostrato come grazie a tecniche da CTO e debulking della placca è possibile affrontare con successo patologie trivasali complesse per via percutanea con buon risultato a lungo termine.