Le valvole bioprotesiche chirurgiche sono state impiantate sempre più spesso negli ultimi anni. Come noto, questi dispositivi possono andare incontro a degenerazione strutturale e non strutturale. Si tratta di un vero e proprio aumento significativo di tale disfunzione in protesi biologiche impiantate in soggetti, in passato giovani candidati a cardiochirurgia, che necessitano di un nuovo intervento valvolare.
Alla 43^ edizione del congresso nazionale di Cardiologia Interventistica GISE2022, si è parlato anche di questo annoso problema con i maggiori esperti in materia. Ad introdurre ed animare la sessione il Dott. Alfredo Marchese (Ospedale Santa Maria, GVM Care and Research, Bari) e la Dott.ssa Tiziana Attisano (Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona, Salerno).
Come affrontare questa epidemia? Come prepararsi a pazienti del genere? L'intervento valvolare deve necessariamente contemplare un approccio meno invasivo. I dispositivi e le tecniche attualmente in uso hanno successo, sempre se pianificato un trattamento scrupoloso, sulla maggior parte delle valvole bioprotesiche degenerate. Una soluzione quindi c’è, ed è una soluzione percutanea.
Il caso clinico spunto di riflessione e dibattito è stato presentato dal Prof. Giuseppe Massimo Sangiorgi (Università Tor Vergata, Roma) introducendo un caso di degenerazione di Mitroflow 29 in paziente con plurime comorbobilità di 68 anni, ultimato abilmente con l’utilizzo di protesi autoespandibile.
Il Dott. Gabriele Pesarini (Azienda Ospedaliero-Universitaria di Verona) ha evidenziato l’importanza della pianificazione dell’intevento di TAVI Valve-in-Valve anche a fronte di un pericolo di ostruzione coronarica e “sinus sequestration”, con possibili algoritmi per evitare tali complicanze.
È seguito l’intervento del Prof. Francesco Burzotta (Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, di Roma) che ha posto particolare attenzione sulle tecniche per evitare il mismatch protesi-paziente e alla possibilità di eseguire un “balloon valve remodelling” in alcune bioprotesi chirurgiche non passibili di “balloon fracture”.
Infine, il Dott. Federico De Marco (Centro Cardiologico Monzino, Milano) ha esposto i casi più rari in cui la degenerazione è a carico di valvole impiantate per via percutanea (TAVI-in-TAVI), sottolineando sia l’importanza del considerare della neoskirt nelle valvole cardiache transcatetere con le relative implicazioni per le procedure di riaccesso coronarico, sia del possibile dell’altezza dei lembi e del grado di “leaflet overhang” mirando a prestazioni idrodinamiche ottimizzate.
Un sessione con interessanti spunti di riflessione riguardanti una procedura in rapida evoluzione scientifica e diffusione nelle nostre sale di cardiologia interventistica strutturale.