Il tema è stato al centro di una sessione dedicata, intitolata "Management of coronary artery disease in patients undergoing transcatheter aortic valve implantation", durante il 45° congresso GISE 2024. La discussione, moderata dai dottori Alberto Cremonesi e Massimo Napodano, ha esplorato diversi approcci clinici, prendendo le mosse dalla presentazione di un caso complesso da parte del dottor Francesco Soriano: un paziente con NSTEMI, disfunzione ventricolare sinistra severa, malattia critica della biforcazione del tronco comune e stenosi aortica severa.
Le indicazioni cliniche e il timing della rivascolarizzazione coronarica nei pazienti candidati a TAVI sono state esaminate dal dott. Emilio Di Lorenzo. In presenza di sindromi coronariche acute, angina severa refrattaria alla terapia medica o lesioni critiche ostiali, la PCI dovrebbe precedere la TAVI. Nei casi di lesioni significative non ostiali in pazienti asintomatici, il differimento della PCI dopo la TAVI o un trattamento farmacologico mirato potrebbero rappresentare opzioni ragionevoli.
Il dott. Gabriele Pesarini ha approfondito il trattamento nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, sottolineando l’assenza di evidenze conclusive sull’efficacia della PCI nel miglioramento della funzione ventricolare. Ha suggerito che, in caso di malattia coronarica stabile, sia spesso preferibile eseguire prima la TAVI e, successivamente, valutare l'opportunità di una PCI, tenendo conto della complessità del riaccesso coronarico.
Nel suo intervento, il dott. Roberto Scarsini ha posto l’accento sul ruolo della fisiologia coronarica e ha suggerito che le lesioni con FFR ≤0.8 dovrebbero essere trattate, pur raccomandando cautela in caso di valori borderline. Ha infatti spiegato che, nei pazienti con stenosi aortica severa, l’FFR potrebbe sottostimare la gravità delle lesioni, mentre gli indici non iperemici potrebbero sovrastimarla.
Dalle diverse relazioni è emerso con chiarezza che le attuali conoscenze scientifiche non offrono ancora certezze assolute. I relatori hanno concordato sull’importanza di un approccio clinico basato sul buon senso e sulla personalizzazione del trattamento, valutando con attenzione ogni singolo paziente.