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Il trattamento della stenosi artica nel paziente giovane, uno dei temi più dibattuti dall’Heart Team

La gestione dei pazienti giovani o a basso rischio affetti da stenosi valvolare aortica rappresenta una delle sfide più complesse per gli Heart Team. L’obiettivo principale è fornire una soluzione duratura, che preveda anche un'opzione di salvataggio in caso di disfunzione della protesi.

di Marco Toselli

Questo tema è stato al centro di una sessione moderata da Caterina Gandolfo e Domenico Paparella, che ha visto la partecipazione di cardiologi interventisti e cardiochirurghi in un confronto animato e costruttivo.

Il dott. Davide Francesco Capodanno ha sottolineato l'importanza di adottare un linguaggio condiviso per definire e gestire le disfunzioni delle bioprotesi gettando le basi per la discussione. Riferendosi al documento VARC-3 ha presentato i meccanismi sottostanti alla bioprosthetic valve dysfunction (BVD) e bioprosthetic valve failure (BVF), che includono deterioramento strutturale (SVD) e non strutturale (come mismatch protesi-paziente, rigurgito paravalvolare, trombosi o endocardite). Per approfondire  https://eurointervention.pcronline.com/article/durability-of-transcatheter-aortic-valve-implantation).

Analizzando i pro e i contro della chirurgia nei pazienti a giovani, il dott. Alessandro Parolari ha sottolineato che continua ad essere una valida opzione per i pazienti giovani. Tuttavia, “una valvola (non) è per sempre”, e strategie lifetime possono essere multiple (protesi meccanica, protesi biologica con successiva TAVI o viceversa) ma la mancanza di dati solidi a lungo termine non consente di stabilire una strategia univoca.

Il prof. Giuseppe Tarantini ha confrontato i dati delle protesi chirurgiche, sottolineando che “non tutte le protesi biologiche sono uguali sia in termini di durability che di re-do feasibility.” Infatti, solo alcune protesi, come Hancock II e Carpentier Edwards, hanno dimostrato una durabilità superiore ai 20 anni. La scelta della protesi chirurgica influisce profondamente sulle possibilità future di interventi valve-in-valve, sull’accesso coronarico e sulla gestione del mismatch protesi-paziente. Tarantini ha ribadito che ripetibilità e durabilità devono essere considerate congiuntamente, e che la collaborazione tra cardiochirurgo e cardiologo interventista è cruciale per determinare il percorso ottimale. Federico De Marco (Milano) ha presentato i dati a lungo termine delle valvole transcatetere, con particolare riferimento ai risultati dello studio NOTION a 10 anni. Fino da dopo l'impianto, le protesi trans-catetere possono iniziare processi di trombosi, fibrosi e calcificazione, che influenzano la loro durabilità. I dati di BVF a lungo termine sono simili tra i pazienti trattati con TAVI e SAVR. A seconda del grado e definizione, anche la SVD ha un incidenza sovrapponibile tra le due tecniche.

Di sicurezza della TAVI in centri privi di cardiochirurgia ha parlato il dott. Fabio Felice Tarantino. Nonostante l’assenza di un supporto chirurgico diretto, questa opzione potrebbe rappresentare un valido strumento sia per ridurre i tempi di attesa che la mortalità dei pazienti in lista (5%). E’ in corso lo studio randomizzato di sicurezza TAVI at Home che ci fornirà dati che attualmente mancano.

La sessione si è conclusa con una tavola rotonda che ha coinvolto Francesco Bedogni, Giuseppe Musumeci, Corrado Tamburino e Giuseppe Speziale. I partecipanti hanno concordato sulla necessità di un approccio personalizzato e multidisciplinare, sottolineando che, al momento nella pratica clinica, il profilo tipico del paziente candidato a TAVI rimane quello di un anziano con comorbidità multiple. Tuttavia, la strategie a lungo termine per i giovani pazienti è un tema cruciale per il futuro dell’interventistica strutturale.