Il 46esimo GISE nazionale è entrato nel vivo e, tra le nuove tipologie di sessione, la “tactics in everyday practice” è sicuramente tra le più interattive e stimolanti. Con un parterre di eccezione, in cui il ruolo di chairperson è stato svolto dal Presidente Alfredo Marchese, la discussione è stata da subito vivace con domande e i commenti stimolanti.
Si è partito da un caso di lesione calcifica spot al tratto medio del ramo IVA, presentato da Antonio Mangieri, in cui, dopo corsa IVUS e approccio con pallone non compliante, si è deciso di utilizzare il cutting balloon. Questo device è di grande aiuto nel caso di lesioni crossabili, in cui il calcio è prevalentemente superficiale e non si è ottenuta una soddisfacente dilatazione del pallone non compliante. I challangers hanno sottolineato l’importanza dell’imaging pre e la capacità del cutting ballon di preservare il side-branch.
Si è passati poi al secondo caso, una lesione estremamente tortuosa e complessa di tronco comune-cx, con elevato burden calcifico ed un sospetto trombo in un NSTEMI di un paziente già sottoposto a rivascolarizzazione chirurgica. Rocco Sclafani ha dato degli interessantissimi spunti sull’utilizzo del laser nelle lesioni non crossabili e sulla relativa sicurezza di questo dispositivo nelle lesioni tortuose rispetto all’aterectomia. I challangers hanno sottolineato la complessità del caso e la difficoltà nell’utilizzo del laser a causa della bassa penetranza sul territorio, stimolando la discussione su eventuali approcci alternativi.
Nell’ultimo set, Alessio Mattesini ha presentato il caso di un ramo discendente anteriore con diffusa distribuzione del calcio e malattia lunga, coinvolgente una biforcazione, in cui l’utilizzo dell’OCT pre e della litotrissia coronarica, hanno garantito un ottimo risultato. Tra le domande dei challengers, è emersa la necessità di utilizzare correttamente il device, con il giusto sizing e il corretto studio imaging pre e post. A conclusione di questa interessante sessione, con una viva discussione, è venuto fuori che il calcio coronarico rappresenta una sfida per il cardiologo interventista, che può essere vinta solo con l’utilizzo corretto del giusto device, con lo studio imaging preliminare e con una corretta prevenzione delle eventuali complicanze.