La sessione ha affrontato la stenosi delle vene polmonari (SVP) dopo ablazione della fibrillazione atriale e la selezione e la gestione precoce del supporto meccanico del circolo (MCS) nello shock cardiogeno.
Nel primo set, il dott. Carlo Cernetti (Treviso) ha definito la SVP un “little dirty secret”: rara in percentuale, ma sottodiagnosticata. “Quando arriva, è devastante”, il messaggio. Il prof. Massimo Grimaldi (Acquaviva delle Fonti) ha ricordato che prevenzione significa tecnica e prudenza durante la procedura indice: energia, contatto, tempo di applicazione; e uno sguardo al futuro, con l’elettroporazione (PFA) che promette meno danno termico. Il prof. Antonio Bartorelli (Milano) ha poi brillantemente illustrato l’esperienza del proprio centro nella gestione della patologia, iniziando dal caso-simbolo: corredo di sintomi aspecifici (tosse, dispnea, emottisi) che portano a mesi di esami (talora invasivi) alla ricerca di un tumore che non c’è, con conseguente ritardo diagnostico e impatto clinico e psicologico sul paziente. La lezione è semplice: pensarla presto. Gli esami “giusti” sono TEE, TC sincronizzata, RM; la terapia è interventistica e lo stent, il più grande possibile, batte l’angioplastica semplice in termini di restenosi. Nei casi complessi o occlusi servono team-work e memoria anatomica degli elettrofisiologi. Indispensabile il follow-up (spesso TC a 6 mesi) e, soprattutto, la centralizzazione in centri esperti.
Cambio di passo nel secondo set, dedicato allo shock cardiogeno con il dott. Cernetti che ha inquadrato il problema: incidenza in crescita, mortalità ancora alta. La discussione si è articolata in risposta a quattro domande — chi, quando, cosa, come. Chi: soprattutto shock ischemico con potenziale reversibilità. Quando: presto; se l’ipoperfusione persiste dopo 30–60 minuti di terapia vaso-inotropa ben condotta, si attiva il team. Cosa: IABP come “time-buyer” in selezionati; Impella per l’unloading del ventricolo sinistro, con beneficio marcato nei pazienti giovani in rivascolarizzazione; VA-ECMO per supporto cardiorespiratorio completo e come bridge-to-decision/destination. Come: servono protocolli aziendali, rete con cardiochirurgia e terapia intensiva, monitoraggio stretto (emodinamica, diuresi, lattati) e prove di weaning entro 24–36 ore. Le complicanze ci sono, sanguinamenti, eventi vascolari, stroke su tutti, e richiedono mani esperte e percorsi di centralizzazione.
Tre verbi riassumono l’ora di lavori: riconoscere presto, trattare bene, organizzarsi meglio. Che si parli di SVP o di shock, la differenza la fanno consapevolezza clinica, tecnologia adeguata e un sistema che sa correre quando serve.